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La traduzione in dialetto umbertidese della Divina Commedia, la principale opera letteraria di riferimento per la costruzione nei secoli della nostra lingua nazionale, è sicuramente un esperimento tanto interessante quanto piacevole la lettura. La veste linguistica che Dante Alighieri scelse per la sua Commedia fu a suo tempo una scelta coraggiosa, in un'epoca in cui la letteratura impegnata e di importante spessore culturale veniva redatta in Latino, allora lingua della cultura scritta non solo in Italia ma in tutta Europa. Dante era giustamente convinto che nel volgare, inteso come lingua del volgo e pertanto popolare e soprattutto orale, ci fossero adeguate capacità espressive da permetterne un uso letterario. Nel De Vulgari Eloquentia, alla ricerca di quale potesse essere tra i tanti volgari italiani quello più adatto per tale scopo, e cioè il volgare "illustre", Dante pone dei criteri selettivi quali un lessico che si elevi rispetto ai registri linguistici più umili, e passa poi in rassegna le numerose parlate italiane, eliminandole in base a varie considerazioni. Tra i tanti volgari cita anche il nostro umbertidese, o meglio la lingua della Fratta, come Umbertide era chiamata allora
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Inferno. Versione in dialetto umbertidese dalla «Divina Commedia» di Dante Alighieri
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